c’è chi viene e c’è chi va…
Proponiamo un interessante articolo di Salvo Amato, pubblicato sul blog dell’Associazione Gessetti Rotti.
c’è chi viene e c’è chi va ma chi resta dica la verità
di Salvo Amato
Dopo una notte quasi insonne e qualche ora di riposo, questa mattina ci siamo svegliati ben consapevoli delle magnifiche sorti e progressive del fantasmagorico piano di assunzioni del MIUR: la disperazione di migliaia di docenti rispetto ai numeri (e ai luoghi) usciti dall’algoritmo della strabiliante lotteria ministeriale. Una lotteria a cui ognuno poteva scegliere di partecipare o meno, una lotteria in cui non erano definiti nemmeno i numeri (quelli al lotto sono ben chiari) ma che mostrava sin dall’inizio i suoi possibili e devastanti esiti.
Infatti, nel breve tempo intercorso tra la pubblicazione della legge in Gazzetta e questa micidiale notte, i docenti non hanno mai smesso di gridare al mondo le assurdità e le contraddizioni del piano di assunzioni, ancora più gravi se si pensa ai proclami lanciati dalla ministra, dal sottosegretario e dai deputati e senatori che hanno continuato a diffondere notizie devianti per l’opinione pubblica.
Prendiamo, ad esempio, l’ultima esternazione di Giannini, la quale sostiene che solo il 10% dei docenti dovrà prendere servizio lontano da casa. Un’affermazione buttata lì, che non si aspetta contraddittorio e che si nutre – coadiuvata dalla disinformazione mediatica – dell’incapacità della maggior parte degli italiani di rendersi conto di quanto stia realmente accadendo.
Cominciamo a riflettere sulla penosa disinformazione rispetto ai numeri: la fase B del piano di assunzioni, per definizione, riguarda le cattedre che sono rimaste vacanti dalle precedenti fasi. Di fatto, se nella provincia di Vercelli ci sono cattedre di informatica in fase B, vuol dire che lì non c’è nessun docente di informatica disponibile in graduatoria. Se quelle cattedre verranno assegnate, quindi, verranno date a qualcuno che proviene da un’altra provincia. E così sarà per tutte le 16.210 cattedre della fase B. Possiamo affermare dunque che nessun docente nominato in questa fase lavorerà nella propria provincia. E’ una conseguenza logica, e chi dice il contrario mente sapendo di mentire. Incrociando, poi, i dati con la tipologia delle domande e, soprattutto, tenendo conto degli alti punteggi degli aspiranti che provengono da altre province, si arriva alla conclusione ovvia che molti non proverranno da una provincia limitrofa ma decisamente da un’altra regione. Nello specifico caso che riguarda le cattedre di informatica mancano docenti anche a Treviso, Venezia, Padova. Sarebbe il caso, quindi, che la ministra dimostri – numeri alla mano – ciò che dice.
Vogliamo ipotizzare che si riferisca alla fase C, quella del potenziamento ovvero la fase inventata da questa riforma che realmente conterrebbe i veri posti “nuovi”? Bene, ma di questa fase non si sa proprio nulla. A un docente di lettere o di informatica non è possibile sapere oggi quanti posti ci saranno a Catania né quanti a Napoli. L’affermazione della ministra Giannini risulta, alla luce di questo, veramente incomprensibile, non essendo ancora definiti i dettagli delle cattedre.
La ministra sa, ad esempio, che un bando fatto in modo trasparente deve contenere l’elenco dettagliato e analitico delle cattedre per provincia?
La ministra sa che questo piano di assunzioni penalizza proprio i docenti che hanno più lungo precariato, quelli che hanno servito lo Stato per decenni?
Un collega di Catania è stato spedito a Sondrio, reo di essere il primo in una graduatoria nazionale per un unico posto disponibile.
Un altro collega partirà il 14 settembre da Macerata alla volta di Catania per questo stesso motivo. Sembra che ormai essere primi sia un demerito. Ma non era questa la riforma che doveva, invece, premiare il merito, valorizzare i docenti e le loro capacità? Non sarà, invece, un modo sbrigativo per sbarazzarsi dei precari una volta per tutte (anche a seguito della sentenza UE), inducendoli prima a presentare domanda senza trasparenza (ad esempio, perché far fare domanda ai precari delle classi di concorso A019 e A017, illudendoli, se, al momento, non esistono cattedre per queste discipline?) e poi, inevitabilmente per qualcuno, a rinunciare, con l’aggravante di essere marchiati perché si è rifiutato un posto di lavoro in tempo di crisi. Dobbiamo ricordare alla ministra che i precari hanno servito lo Stato per anni, e che – avendolo spesso fatto nella proprio provincia – le cattedre per loro, nella provincia di residenza, forse c’erano?
GESSETTI ROTTI