Prendo come una dichiarazione di guerra la nomina di Marco (Max) Bruschi, nemico storico dei precari della scuola, a consigliere di Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione.
Prendo come una dichiarazione di guerra la nomina di Marco (Max) Bruschi, nemico storico dei precari della scuola, a consigliere di Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione
a cura di Massimo Arcangeli
D.P.R. 27/01/2020
“Conferimento, a decorrere dalla data del relativo decreto, per la durata di tre anni, dell’incarico di Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Ministero dell’istruzione, al dott. Marco BRUSCHI, ai sensi dell’art. 19, commi 3 e 6, del D.lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni e integrazioni, fermo restando il disposto dell’art. 19, comma 8, del medesimo decreto legislativo”.
Questo è il passaggio relativo al D.P.R. (si era allora nell’attesa della registrazione dell’incarico da parte della Corte dei Conti) che formalizzò la nomina di Max Bruschi alla direzione dipartimentale del MIUR per l’istruzione e la formazione quando era ministra Lucia Azzolina. L’autore di un libro-inchiesta aveva scritto anni fa su di lui:
“Non ce l’ha fatta a tornare in Consiglio provinciale Max Bruschi, già uomo di fiducia di Sandro Bondi alla segreteria di Berlusconi ad Arcore, e titolare di un incarico di docenza di Storia dei media e della società contemporanea allo Iulm. Collaboratore delle pagine della cultura del Sole 24 Ore e del Borghese, poi del Foglio e del Giornale della famiglia Berlusconi, dove ha svolto anche l’attività di commentatore politico, Bruschi non è stato ricandidato alle provinciali del giugno 2009, ma ha trovato un posto a fianco del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, già coordinatrice lombarda degli azzurri. Berlusconi ha trasformato Forza Italia prima, ed il Pdl poi, nel rifugio politico di molti ex appartenenti alla P2, tanto che il partito di maggioranza al governo potrebbe tranquillamente chiamarsi «Partito dei liberimuratori», per l’alto tasso di massoni iscritti” (Marco Marsili, “Dalla P2 alla P4. Trent’anni di politica e affari all’ombra di Berlusconi”, Milano, Termidoro, 2011, p. 112 sg.; se siete interessati, potete leggervi l’intero volume scaricandolo da qui:
https://www.academia.edu/…/Dalla_P2_alla_P4._Trent_anni_di_…).
La persona già alla guida del Dipartimento per l’Istruzione e Formazione (dal 2009 era stato ispettore tecnico presso l’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia), ora consigliere del ministro Valditara, è un massone dichiarato. Il suo nome è Marco (Max) Bruschi. Il 26 dicembre 2017, sulla sua pagina Facebook, il Bruschi scrisse un lungo post (suscitando feroci reazioni) di cui riporto qui alcuni passaggi:
«Nel corso della mia carriera, tra ispettivi, visite alle scuole, ispettivi in reiterazione del periodo di formazione e prova, ho visto all’opera parecchie decine di maestre e maestri di varia qualità professionale. […] La gamma di ciò che ho visto va dallo zero (nel senso che mancavano i requisiti minimi… il parlare perlomeno in un italiano corretto) al 10 e lode. In alcuni casi intervenire era di mia competenza, in altri ho fatto il mio bravo “a latere” (se entri ad esaminare l’insegna[n]te A, e la B non riesce a far altro che urlare nelle orecchie a un autistico, rilevo il comportamento di B e trasmetto, ma per come sono le norme non posso torcergli un capello). […] Nessuno dei pessimi era, peraltro, entrato per concorso, ma grazie a infornate dirette (i vari percorsi riservati) o indirette (idoneità a botte di decine di migliaia del concorso ordinario e riservato del 1999 o del 1990) […]. L’esperienza data dal servizio, di per sé, non dice nulla sulla qualità del servizio stesso e dell’insegnante. Aver maturato venti anni di supplenze non significa aver maturato venti anni positivi. Se il supplente non funziona (e per accorgersi che non funziona didatticamente, occorre o che le famiglie ne siano consapevoli, o che il preside, come piace a me, ma come di rado accade – anche per lo stracarico di lavoro amministrativo – giri per le classi, perché i bambini di norma non protestano..), difficilmente si fa qualcosa. Occorrono almeno un paio di mesi per mettere assieme le carte e per fare la preistruttoria; è necessario vincere il malanno della “colleghite” o del “tanto ce ne sono tanti così” […]. Diversa e più probante, in linea generale, l’esperienza nelle paritarie, che nella primaria sono generalmente di qualità e dove l’attenzione alla selezione del personale è alta. Anche sul periodo di formazione e prova, l’attenzione non è (in generale) granitica come dovrebbe, e troppo spesso i tutor sono scelti non sulla base di specifici requisiti (pure dettati dalla norma… ma il primo, che la norma non può dettare e che deriva dalla discrezionalità del DS, è l’essere immuni dalla colleghite: il medico pietoso “ammazza” culturalmente generazioni di bambini), ma su base anagrafica o volontaria. La maggioranza delle scuole trova lo sforzo inversamente proporzionale al risultato (“tanto l’anno prossimo non c’è più”), senza curarsi del fatto che tollerare insegnanti inadeguati significa violare il principio costituzionale del diritto ad apprendere, innanzitutto per chi non ha a casa nessuno in grado di sopperire alle lacune del servizio scolastico, e creare un danno protratto nel tempo. […] Se si concepisce il comparto istruzione come un immenso ufficio di collocamento, le lacrime spese sulle sue lacune sono lacrime di coccodrillo, da qualsiasi parte provengano. Ogni accesso privo di selezione o con una selezione solo virtuale porta a immettere in ruolo anche persone con uno standard inadeguato. Le stesse persone, s in retei dirà, cui si concede di far supplenze. Vero. Ma non è che un male si cancelli con un altro male, maggiore e definitivo, o lo giustifichi all’insegna del “tanto peggio”. Veniamo al dunque. Il sistema che la nostra Costituzione ha dettato per la verifica dello standard professionale e per l’assunzione a tempo indeterminato è il concorso».
Bruschi l’Ammazzaprecari. Più chiaro di così…
Il 6 febbraio 2004 qualcuno scrive:
«Una cosa va chiarita: l’adesione ad una loggia massonica non è reato (lo era nel caso della P2, strutturata come segreta, oggetto di innumerevoli inchieste, i cui affiliati sono stati coinvolti in vicende di eversione, stragi, tentati colpi di Stato, depistaggi). Al di là di questa fondamentale precisazione, è assodato che buona parte degli italiani che non contano niente (e che, al massimo, sono stati iscritti alle Giovani Marmotte, ma poi non hanno rinnovato la tessera) si chiedano quale sia il motivo che spinge un individuo ad aderire ad una loggia massonica, se non la speranza di assicurarsi favori che non sarebbero ottenibili per vie legali o con l’ausilio del solo sudore della fronte. I nomi degli aderenti alle varie logge massoniche legali sono (o dovrebbero essere, secondo legge) pubblici. Dal momento che chi fa parte della massoneria va fiero della propria scelta e, anzi, ne ribadisce con orgoglio la legittimità, nessuno che non abbia, invece, qualcosa da nascondere, se la prenderà per la pubblicazione […] degli elenchi di 26.409 persone che, tra la bocciofila e il Lions, hanno preferito la terza via del cappuccio, della squadra e del compasso».
Risponde, tre giorni dopo, il Bruschi:
«Bruschi Marco Massimiliano (Max) nato il 26.05.1969 a Milano e residente a Milano, di professione docente universitario e giornalista culturale. Oratore della Loggia Thomas Jefferson… sì, quello della dichiarazione d’indipendenza degli Usa e del “diritto alla felicità”. Come Ben Franklin, George Washington, Franklin Delano Roosevelt e un mazzo di altri combattenti per la libertà. Per dovere di cronaca, le liste di proscrizione dei massoni sono tipiche dei regimi dittatoriali (fascista, comunista, nazista – una bella carrettata finì nei campi di concentramento, debitamente internata, gasata e cremata. Per riconoscersi tra loro, usavano una myosotis)».
Replica al Bruschi, il giorno stesso, un tal Vittorio Gubbiotti:
«Mi associo a quanto scritto dall’amico e Fratello Max Bruschi, che saluto. Si comincia, e non lo dico io ma lo scriveva Ernest Mandel, con i Massoni, poi si passa a chi ha la nonna ebrea o il fegato in disordine. Per risparmiare al gestore del sito la fatica di arrivare alla G, mi “autodenuncio”: Vittorio Gubbiotti, di Perugia, anni 51, professione consulente aziendale e formatore. Maestro delle Cerimonie nella R:.L:. Ver Sacrum 961 all’Oriente di Perugia, se vi interessa».
Su un sito massone (“Zenit. Il muro dei messaggi”) il Bruschi, il 27 aprile 1999, aveva scritto:
«Carissimi Fratelli, ho una studentessa che si sta laureando sul tema: Ezra Pound e l’esoterismo nei Cantos. Tema impegnativo. Troppo anche per la mia conoscenza bio-bibliografica. Comunque, visto che la ragazza è coraggiosa (e coraggioso è anche il docente che le ha assegnato un titolo simile), possiamo aiutarla? […] Un triplice fraterno abbraccio».
Neanche io ho nulla da ridire, di per sé, sull’adesione a una loggia massonica, ma il sedicente paladino della libertà, che scrive di liste di proscrizione a danno dei suoi fratelli massoni, è per giunta lo stesso che, con due distinte comunicazioni (la prima del 17 novembre, la seconda dell’11 dicembre 2020), denunciò l’operato di un dirigente scolastico, Alfonso D’Ambrosio, segnalandolo all’Ufficio Procedimenti Disciplinari (UPD) della direzione generale dell’Ufficio Scolastico Regionale (USR) per il Veneto per l’avvio di un procedimento nei suoi confronti. Il dirigente scolastico, alla guida di un istituto comprensivo distribuito su tre comuni padovani (Vo’, Cinto Euganeo e Lozzo Atestino), avrebbe assunto a suo tempo un comportamento tale da configurare, si leggeva nella lettera di convocazione inviatagli il 15 dicembre 2020 dall’ufficio per i provvedimenti disciplinari della direzione generale del MIUR, una «grave violazione dei doveri d’ufficio». La doppia comunicazione inviata alla Direzione generale del Miur per il Veneto dal Bruschi, perché fosse avviato un provvedimento disciplinare contro di lui, era in realtà un atto politico, un pericoloso precedente per costringere al silenzio, in future liste di proscrizione, chiunque avesse voluto in futuro, liberamente (e legittimamente), esprimere le sue critiche verso l’uno o l’altro Governo.
Se tanto mi dà tanto, e potrei aggiungere altro (la vittima è un dirigente competente, creativo, illuminato, premiato nel 2016 come miglior docente italiano per le sue capacità innovative), domani potrebbe essere preso di mira chiunque altro voglia far sentire la sua voce in nome di quella libertà di espressione su cui è fondata la nostra Repubblica e che il Bruschi ha invocato per sé in quanto massone e negato agli altri come dirigente ministeriale. Per difendere quella libertà, per difendere chi non aveva proprio offeso niente e nessuno, limitandosi a esercitare in modo civile il suo legittimo diritto di critica, chiesi allora di sottoscrivere una petizione perché Alfonso D’Ambrosio, il 26 gennaio 2021, non venisse sanzionato. Gli sviluppi della vicenda mi diedero ragione.
La nomina di Max Bruschi a consigliere del Ministro dell’Istruzione è irricevibile.
a cura di Massimo Arcangeli – Responsabile Nazionale Tavolo demA Scuola