Chiusura stabilimento Whirlpool: Napoli non molla
Whirlpool la multinazionale statunitense di produzione di elettrodomestici di alta gamma a fine maggio 2019 annuncia con una X rossa su una slide la chiusura dello stabilimento di Napoli est: un annuncio che lascia sgomenti la città, la Regione e il Paese tutto, avvenuto a valle di un importante accordo siglato a Roma il 25 ottobre 2018. Da venerdì 31 maggio Napoli si stringe intorno ai suoi lavoratori, esprimendo la massima solidarietà e sostenendo il binomio diritti e lavoro.
Resta utile, comunque, ai fini della nostra discussione una breve sintesi sulle motivazioni che sembrerebbero aver dato il via a quanto accaduto e riconducibili agli ultimi quindici anni di storia di relazioni industriali, sindacali e politiche del nostro territorio.
È innegabile, infatti, che esista una questione meridionale che altrimenti non spiegherebbe perché, per ogni vertenza che diventi questione nazionale, per gli stabilimenti del sud si sottoscrivano accordi che affidano al nostro territorio missioni produttive ballerine.
Whirlpool è uno di questi casi: da dicembre 2005 stanziamenti nazionali e regionali per il polo del bianco fino a quando a maggio 2015 la Regione stanzia 50 milioni di euro (sempre soldi dei contribuenti, o perlomeno dei cittadini che pagano le tasse) per lo stabilimento Whirlpool di Carinaro in provincia di Caserta. Obiettivo è salvare i livelli occupazionali di quello che sembra essere lo stabilimento maggiormente precario dell’assetto aziendale in Italia. A distanza di soli quattro anni questi lavoratori avrebbero dovuto essere integrati su Napoli ma su di loro regna la più cristallina delle incertezze.
A ottobre 2018 Whirlpool vara un nuovo piano industriale: investimento di 250 milioni tra il 2019 e 2021 e al governo chiede di erogare la cassa integrazione straordinaria (sempre soldi pubblici) fino al 2020.
A questo piano industriale il Governo, la Regione Campania e i sindacati siglano un accordo che affida a Napoli la produzione della gamma Omnia, macchine costose ma di finissima produzione.
Epilogo di anni di relazioni industriali, sindacali e politiche è che il 31 maggio 2019, dopo contratti di solidarietà e alternanza di cassaintegrazione, Whirlpool sembrerebbe intenzionata (ed è un eufemismo) a chiudere Napoli.
420 i lavoratori diretti, più i suddetti lavoratori di Carinaro più l’intero indotto. Uno schiaffo a Napoli e non solo, che segna un aberrante scenario di desertificazione industriale e produttiva. Whirlpool è una vertenza diversa dalle altre, che inizia da Napoli e rischia di vedere a effetto domino la chiusura degli altri siti produttivi italiani. Una vertenza che palesa un liberismo spinto che non ci appartiene, che l’Italia con la sua storia non riconosce, un atteggiamento imprenditoriale tipico di territori dove la proprietà e il profitto hanno un peso maggiore dei diritti e della dignità, perchè questi non hanno prezzo e non sono beni scambiabili.
Whirlpool apre una voragine sulla tenuta degli accordi nazionali e mina le certezze e le sicurezze che solo lo Stato può riconoscere nella sua sede istituzionale più alta.
Non può e non deve passare il concetto secondo il quale chiunque può in Italia siglare un accordo e dopo solo sette mesi annullarne con un colpo di spugna i contenuti.
Si potrebbe aprire una stagione di accordi a ribasso, di compressione di posti di lavoro e di diritti fondamentali. Tagliare a Napoli significa tagliare l’Italia a metà, significa minare un equilibrio sociale e d economico estremamente precario e aprire a forme di ricatti cui nessuno di noi intende sottoporsi.
Sappiamo tutti, infatti, che a questi fenomeni di desertificazione massiccia e continua corrisponde l’apertura del territorio a forme di paralavoro e, diciamola tutta, a forme di criminalità che si intesse sempre sul disagio e sulla disperazione.
Napoli ha reagito e con oggi sancisce il suo stare in prima linea con i lavoratori e le organizzazioni sindacali di Whirlpool, a fianco e a sostegno per una battaglia che non è solo per i 420 lavoratori di Whirlpool ma è un grido d’allarme che parte da qui e deve arrivare in ogni luogo di decisione. Whirlpool come Mercatone Uno come Ericsson come Treofan come Pernigotti, solo per dirne alcuni, luoghi e presidi di dignità e di legalità, spazzati via da decisioni improvvide che quasi sempre sono state precedute da contrazione ai redditi e di conseguenza ai diritti.
Napoli perde un polo industriale e contemporaneamente se ne va quel pezzo di Napoli est che guarda con fiducia al futuro.
E allora il nostro ruolo è quello di cassa di risonanza: da Napoli parte un grido che non può non essere ascoltato, un allarme sul futuro del Mezzogiorno e del Paese; solo la coesione è realmente elemento di crescita e di sviluppo, vogliamo dire con chiarezza che Napoli, la Campania, il Sud, l’Italia non sono territori da conquistare e abbandonare.
Domani saremo a Roma per l’incontro con azienda, Ministero e organizzazioni sindacali, ancora una volta insieme su un fronte unito, perché il lavoro, quello vero, non ha colore e non è divisivo, non ha prezzo e non si scambia, non si fa governare da logiche espressamente profit, ma gurada al lavoratore come al fattore produttivo più importante. E da Napoli parte la richiesta di mantenimento degli impegni, di tenuta degli accordi e di soluzioni di continuità occupazionale che tengano conto delle competenze e della storia dei lavoratori Whirlpool. A Whirlpool chiediamo di restare umana, c un presunto calo di produzione non può consentire la chiusura di uno stabilimento di eccellenza, perché delle due l’una o si è eccellenza oppure no. E su questo mi sembra che non ci siano dubbi.
Napoli potrebbe perdere il polo industriale nella zona est, una scellerata e frettolosa scelta fatta dall’azienda potrebbe significare inoltre ulteriori aggravi di politiche di welfare e di sostegno al reddito, che mai potremmo accettare e vedere conclamarsi dove abbiamo sempre messo il vessillo della politica attiva del lavoro.
Aspettiamo l’incontro di domani e l’esito poterà poi alle nostre decisioni future sul da farsi, di certo non staremo a guardare chi non intende supportare processi di sviluppo nazionali.
Responsabile Nazionale Lavoro demA Monica Buonanno