Gravissimo il sì del vicepresidente Di Maio all’accelerazione federalista del Veneto, specie se se ne guardano le conseguenze NON solo sul piano della perequazione economica (“la voglia di secessione dei ricchi”, come giustamente qualcuno l’ha definita), che pure costituisce il risvolto più inquietante per chi ancora crede che la nostra Costituzione sia un baluardo a difesa dell’uguaglianza sostanziale; ma anche e soprattutto se si ragiona sul piano ideale rispetto a materie e diritti sui quali questa spinta federalista cerca di piegare anche il sentimento comune.
Cosa significa ad esempio cedere alla Regione veneto la materia “istruzione”? Dall’autonomia scolastica del 1997 e dalla riforma del Titolo V del 2001, in realtà nel sistema di istruzione e formazione in Italia molto era già stato “ceduto” in termini di competenze e di legislazioni concorrenti tra stato e regione. Restavano e restano, come legislazione esclusiva dello Stato, le “norme generali sull’istruzione”: quelle che indicano cioè gli obiettivi e le finalità generali che un Paese che voglia dirsi nazione indica per la propria scuola, per la crescita dei propri cittadini. L’idea stessa di cittadinanza riposa in quelle norme. E allora bisogna chiedersi perché le si voglia regionalizzare, se non per sottrarre definitivamente il Veneto e i Veneti ad una idea di scuola pubblica, laica, gratuita, pluralista, inclusiva, che è, appunto, la norma generale a cui nessun cittadino di buon senso, nemmeno gli elettori di Di Maio credo, vorrebbe sottrarsi, salvo immaginare una devolution verso il privato e il mercato di quello che, nel percepito collettivo, è un diritto indiscutibile della persona umana, il diritto all’istruzione, che lo Stato deve garantire, per tutti e a tutti.
Finiremo dunque per non doverci più stupire e rammaricare per le “libere scelte educative” semmai di tipo segregativo o confessionale di qualche comunità? Dell’appoggio sconsiderato in termini di investimento a sistemi liberisti quali i buoni e i voucher? Vedremo fiorire amministrazioni che si comportano come quella di Lodi con i migranti, vedremo sempre imporre crocifissi e tetti (agli stranieri, o ai diversi) anche nelle aule delle scuole statali, anche negli anni della scuola dell’obbligo (visto che nella scuola dei più piccoli il predominio del privato sul pubblico in Veneto è già ampiamente realtà)?
Quousque tandem Catilina abutere patientia nostra…..? Il velo è caduto, con evidenza e non è più solo una questione di soldi tra Nord e Sud. Il governo svende l’idea stessa della scuola pubblica sostituendola con una “scuola di comunità” che rischia di favorire le tendenze egoistiche, localistiche e individualistiche già presenti nel sistema, insinuate da anni e anni di “malautonomia”. La rottura del patto tra Repubblica e cives diventa più vicina di quanto già non percepissimo.
L’ignoranza grassa di chi non si accorge di tutto questo – e mi riferisco a chi governa in nome del “cambiamento” (!!!) -, o non se ne vuole accorgere per scellerati calcoli legati al “contratto di governo”, non ha davvero giustificazioni. C’è solo da vergognarsene.
Annamaria Palmieri – responsabile nazionale dipartimento scuola e università demA