Italia Differenziata: l’autonomia del Veneto sulla pelle del Sud
Nelle stanze dei palazzi romani nelle ultime settimane si sta scrivendo una pagina politica di cambiamento degli assetti istituzionali nel rapporto tra Stato e regioni ordinarie che potrebbe rappresentare un colpo ferale per le aree più svantaggiate e povere del Paese. Avanza il programma leghista, propedeutico alla definizione del contratto di Governo, di garantire maggiori risorse economiche e maggiori diritti di cittadinanza alla regione Veneto, cui seguono le richieste della Lombardia e dell’Emilia Romagna.
Il Veneto, appellandosi all’art.116 della Costituzione, punta ad ottenere l’autonomia su 23 materie: 3 di competenza esclusiva dello Stato (giustizia di pace, istruzione e tutela dell’ambiente e dei beni culturali) e 20 di legislazione concorrente. Ma l’autonomia che si propone nasconde un’insidia pericolosa che differenzia i diritti sociali in base alla ricchezza. Più competenze corrispondono a più soldi: quelli che lo Stato già trasferisce e quelli del gettito fiscale locale che il Veneto vuole trattenere per sé (9/10 delle tasse da sottrarre a tutti cittadini). In tal modo, le risorse pubbliche non saranno più calcolate in base ai fabbisogni del territorio, ma sulla base di quanto il territorio è economicamente forte. Più soldi ai ricchi, meno servizi ai poveri.
Per accelerare il processo di separazione Luca Zaia e il Ministro per gli affari regionali, Erika Stefani, hanno concordato che il testo sia presentato in forma di legge-delega da parte del Governo su cui i parlamentari dovranno esprimersi solo con un “sì” o con un “no” e che tutte le decisioni siano prese da una Commissione tecnica Italia-Veneto, da Stato a Stato.
Una “secessione dolce” che sfrutta il terreno fertile di un vuoto normativo lungo 17 anni: lo Stato non ha mai indicato i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) necessari a garantire che i diritti siano riconosciuti in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale anche per gli enti locali con minore capacità contributiva. Ora il rischio è che si proceda prima a riconoscere l’autonomia differenziata e solo dopo ad individuare i LEP, consentendo al Nord di ottenere più di quanto gli spetta e al Sud, già penalizzato drammaticamente dal federalismo fiscale, di raccattare solo briciole.
Vengono meno i principi costituzionali di solidarietà e coesione territoriale. I cittadini del Nord e del Sud non saranno più uguali. Anche oggi non lo sono, ma mai si era arrivati a considerare l’indipendenza della Padania un fatto costituzionalmente tollerabile. Fratelli d’Italia come Caino con Abele. I leghisti vogliono ribaltare i grandi servizi pubblici, ridisegnano l’Italia e chiedono la totale regionalizzazione della scuola. Gli insegnanti diventeranno dipendenti della Regione che si occuperà di stabilire i programmi scolastici, l’organizzazione, le assunzioni e la mobilità territoriale (un insegnante che vorrà cambiare residenza potrà chiedere il trasferimento solo nelle città della regione in cui è stato assunto e in nessun’ altra parte d’Italia).
Si sta concretizzando la leghizzazione del Paese dove non c’è spazio per chi rimane indietro. E’ profondamente ingiusto il percorso di separazione intrapreso, consumato attraverso le discriminazioni territoriali ai danni dei meridionali trattati da italiani di serie B sotto il profilo dei diritti, dei servizi e delle opportunità. Dopo aver concentrato per decenni gli investimenti pubblici al Centro-Nord, aumentandone ricchezza e sviluppo, non si può condannare il Mezzogiorno senza prima averne assicurato l’equità necessaria alla sua auto determinazione e crescita. Il valore dell’autonomia territoriale è riconosciuto dalla Costituzione ma in ossequio e non in contrasto ai suoi i principi fondanti. Il rischio è diventare spettatori di un processo politico che avvantaggia il localismo avido, egoista e chiuso in se stesso. Il percorso così delineato si traduce in un’occasione persa per il Paese, ma in un ulteriore squillo di sveglia per il Mezzogiorno, per il quale serve una visione politica di ampio respiro che ponga le basi per un ripensamento nazionale del suo ruolo e della sua posizione centrale nel Mediterraneo.
Flavia Sorrentino – Responsabile nazionale Dipartimento Autonomie