de Magistris: “Il M5S andrà in crisi, dopo il voto con me coalizione anti-sistema” da MicroMega
de Magistris: “Il M5S andrà in crisi, dopo il voto con me coalizione anti-sistema”
Da MicroMega del 15 febbraio 2018
A queste elezioni salterà il giro, ma il sindaco di Napoli è già pronto per lanciare un suo progetto nazionale. Il primo banco di prova saranno le Europee 2019. Secondo lui esiste uno spazio politico da aggredire tra lo sgretolamento delle sinistre, le contraddizioni del M5S e l’alto astensionismo: “Vogliamo far capire che si può coniugare la rottura di un Sistema con l’affidabilità di governo”. Le priorità? “Questione morale, beni comuni e lotta alle disuguaglianze”. E il 21 febbraio scenderà in piazza a Roma contro il debito “illegittimo” di Napoli.
intervista a Luigi de Magistris di Giuseppe Manzo
“Abbiamo deciso di non fare campagna elettorale, a queste elezioni nazionali passiamo il turno”. Luigi de Magistris non ha dubbi. Non è il momento. Non c’è niente che lo entusiasmi in giro. Qualche apprezzamento giunge giusto per Potere al Popolo considerato un “naturale prodotto del laboratorio napoletano”. Forse voterà per loro, ma non conferma. Di certo, attacca a testa bassa il dalemismo di Liberi e Uguali e i vertici del M5S. Intanto è pronto a scendere in piazza a Roma, il prossimo 21 febbraio, per i debiti (secondo lui illegittimi) del Comune di Napoli e guarda già al dopo 4 marzo. Al suo progetto nazionale. Per maggio sta preparando il primo congresso di DemA, la sua associazione, e una lista per le Europee 2019 insieme a Diem25 di Yannis Varoufakis e altre formazioni della sinistra europea di movimento. La sua discesa in campo è pianificata. È un Luigi de Magistris a tutto campo che parla a MicroMega e, per la prima volta, lo fa in un’intervista sulle imminenti elezioni politiche.
Sindaco, come mai una manifestazione a Roma quando mancano 10 giorni dalle elezioni? Vuole mandare un messaggio in piena campagna elettorale?
Dall’Epifania abbiamo un pignoramento in corso. Ho scritto al presidente Gentiloni 20 giorni fa e l’ho anche incontrato di persona, ho atteso ancora qualche giorno ma dal Gabinetto della presidenza del Consiglio non sono arrivate risposte. Parliamo di un debito quasi esclusivo dello Stato, un debito che risale al terremoto dell’Irpinia del 1981 che il governo non ha estinto ed è una situazione cha va avanti da troppo tempo con le casse pignorate per 6 mesi nel 2017. Chiamiamo i partiti ad una responsabilità pubblica utilizzando l’appuntamento elettorale per porre la questione del debito che strozza i Comuni. Questo è un tema di cui le forze di governo devono assumersi la piena responsabilità.
Si vuole anche porre il caso Napoli, inteso come laboratorio politico, che ha un sindaco fuori da tutti i partiti e schieramenti?
Non è una coincidenza che il tema del debito illegittimo lo ponga Napoli perché la città in questi 7 anni ha rappresentato un’esperienza anomala e, forse, è l’unica che può esprimere una posizione così netta nel pieno della campagna elettorale. Siamo fuori dagli schemi tradizionali. Il tema del debito e del soffocamento degli enti locali lo condividono anche tanti miei colleghi sindaci ma non possono indire con la stessa determinazione una manifestazione a Roma. Qui c’è un protagonismo politico del laboratorio Napoli.
Nella nota in cui annuncia la piazza del 21 indica due responsabilità storiche e politiche: Berlusconi, che potrebbe essere protagonista di un nuovo governo, e Bassolino sui rifiuti. L’ex governatore è esponente o almeno è vicino a Liberi e Uguali che in questa campagna elettorale l’ha sollecitata sul suo silenzio elettorale, visto che in consiglio comunale fanno parte della maggioranza. Qual è la sua posizione verso il passato-presente, Bassolino-LeU?
Non faccio campagna elettorale perché in questo momento voglio dedicarmi in toto alla città di Napoli. Detto questo, abbiamo nostri rappresentanti nelle due liste di sinistra, candidati sia con LeU, come Josi Della Ragione ed Elpidio Capasso, sia con Potere al Popolo (il professore Giuseppe Aragno, ndr). Sono, però, candidature autonome che non rappresentano il progetto DemA. Su Bassolino che dire? Rappresenta una storia passata e non riesco a immaginare un’alleanza politica con lui: noi abbiamo sconfitto il bassolinismo in questa città su tanti temi come i rifiuti, le consulenze esterne e il patrimonio comunale. Altra cosa è il ragionamento che facciamo con Sinistra Italiana, alleati da tempo, e anche con Mdp con cui dialoghiamo.
Un’affermazione elettorale di Pietro Grasso come la giudica? Avrebbe una sponda in più in Parlamento, no?
A me fa piacere se vengono eletti i rappresentanti di DemA e devo dare atto che alcuni parlamentari di Sinistra Italiana sono stati sempre attenti alla questione Napoli e con Mdp hanno fatto un lavoro importante sulla legge di Bilancio. Continueremo a lavorare insieme al Comune ma DemA è un’altra cosa, ha un altro progetto in mente. La mia storia politica non ha nulla in comune con quella di D’Alema, Bersani e Bassolino. Ed è anche per questo che LeU non ha affascinato quella società civile che si è attivata in questi mesi.
A proposito di civismo e movimento, lei ha speso parole positive unicamente per Potere al Popolo che si pone di costruire un progetto politico. Come mai non ha aderito?
Noi siamo stati nettissimi e unanimi: DemA non si schiera per queste elezioni. Lo faremo quando ci candideremo alle prossime elezioni europee, regionali e nazionali. Esprimo simpatia politica per Potere al Popolo perché è un naturale prodotto politico dell’esperienza napoletana: sono giovani che ammiro per il lavoro sociale che fanno da attivisti all’Ex Opg. Che sia l’unica novità alle elezioni è un fatto oggettivo. Dopo il 4 marzo, rappresenterà una gamba dal basso del progetto politico comune.
DemA va a congresso a maggio. La sua discesa in campo è annunciata per il 2023, prima ci sono Europee e Regionali. Quale sarà il banco di prova fondamentale dopo i risultati non entusiasmanti alle amministrative 2017?
La nostra prima sfida è il congresso che terremo nell’ultimo fine settimana di maggio. Sarà un evento internazionale per costruire un gruppo dirigente con 60-70 persone. Le Europee saranno, invece, il primo banco di prova perché si va su scala nazionale, stiamo costruendo un movimento italiano che concorra con altre esperienze europee sotto un unico simbolo in tutta Europa: Diem25, Podemos e Barcelona en Comu della sindaca Ada Colau. Poi ci sono le Regionali nel 2020 dove ci candidiamo a governare la Campania. In tanti cercheranno di convincermi a presentarmi per sfidare De Luca ma preferisco finire il mio mandato da sindaco. Certo, in politica mai dire mai. Ma, ad oggi, non sono io il candidato alle Regionali e DemA metterà in campo una personalità di livello. Poi dovremo vincere le comunali del 2021 e infine la sfida del governo del Paese. Vogliamo far capire che si può coniugare la rottura di un Sistema con la capacità di governare. Rottura e affidabilità di governo. Noi siamo questo.
A proposito di anti-sistema, anche M5S rivendica di esserlo. A quel popolo e a quegli elettori, molti anche vicini a lei nelle elezioni comunali a Napoli, cosa ha da dire?
Questo è un punto importante. C’è una mescolanza di elettorato evidente. Nel 2009 quando mi candidai alle Europee presi 500mila voti (solo Berlusconi, che era incandidabile, prese più preferenze, ndr) e molti provenivano dai Meet Up grillini. Inoltre, quando mi sono candidato a sindaco nel 2011, il M5S non ha sfondato. Un’analisi oggettiva dice che quando c’è un’alternativa credibile, il voto di opinione 5 Stelle si sposta e non rimane fedele a Grillo. E lo conferma la mia rielezione nel 2016 dove il M5S raccoglie solo il 10 per cento dei consensi, a differenza dell’anno precedente quando alle Regionali presero il 30 per cento. Significa che l’elettorato grillino ha votato per me e non per il loro candidato.
Non pensa che Napoli sia un’anomalia nel Paese e questo ragionamento non vale su scala nazionale?
Questa volta il M5S avrà un ottimo risultato ma più di protesta e per assenza di alternativa che di convinzione perché dove hanno amministrato a livello locale non hanno entusiasmato. Non hanno mantenuto le promesse di cambiamento: io, a Napoli, ho ripubblicizzato l’acqua pubblica perché le giunte grilline non l’hanno fatto? Però voglio fare un’analisi sul dopo 4 marzo. Credo che accadrà qualcosa tra il mio movimento DemA e i 5 Stelle. Vediamo quale sarà il risultato, ma prevedo un’affermazione importante ma non sufficiente per governare il Paese e quindi sarà una sconfitta. Avrebbero un’autostrada davanti: Berlusconi è invotabile, Renzi uguale. Quindi, se prendi il 30% hai ottenuto un buon risultato ma non hai sfondato. E quindi manterranno per sempre il loro pregiudizio di non dialogare? Non dico con il ‘sistema’ ma dialogare con chi è più ‘anti-sistema’ di loro?
Sta aprendo a un dialogo con M5S sul post voto quindi? E verso quale obiettivo?
Riconosco un voto di opinione e nella base, anche nelle battaglie, ci sono punti di contatto. Poi ci sono divergenze, soprattutto nella virata a destra su Ius Soli e migranti. Per non parlare del silenzio imbarazzante di Di Maio sui fatti di Macerata. Su questo opportunismo elettoralistico, per una forza che si presenta nuova e mette i voti prima degli ideali, ha poco da raccontare al Paese. Eppure dopo le elezioni credo il tema si pone, non solo per noi ma per loro: per M5S inizierà la discesa e bisogna capire a che punto arrivano. Potrebbe, persino, aprirsi un ragionamento nel mondo del 5 Stelle, magari non tutti saranno d’accordo, ma credo, avendo interlocuzione con alcuni dirigenti, che questa potrebbe essere un’altra opzione. Se loro fanno cadere il muro del pregiudizio gli unici interlocutori per un dialogo siamo noi, fuori dai partiti che li mette in difficoltà. Non mi convince la linea di Di Maio che parla di dialogo con le stesse forze politiche che presenta come il diavolo e a cui annuncia di non aprire sui contenuti. E nessun partito voterebbe un loro governo.
Quindi vuole inserirsi nelle contraddizioni che si apriranno dopo il 4 marzo non solo rispetto al governo del Paese? Si riferisce anche a futuri appuntamenti elettorali?
Ad esempio le regionali in Campania: se ci sono obiettivi comuni per sconfiggere un sistema dominante bipartisan, tra Cesaro e De Luca, si potrebbero aprire interlocuzioni interessanti.
E un dialogo con i 5 Stelle potrebbe convivere con altre formazioni a sinistra?
Ho posto una visione ed è tutto vedere. Non c’è già un ragionamento in atto. È un’ipotesi: come lo sgretolamento del Partito Democratico o l’avanzata di Salvini. In prospettiva, la sfida per il governo del Paese sarà tra noi e lui.
Infine, quali saranno i tre temi su cui dovrà nascere un movimento nazionale che intende guidare?
Innanzitutto la questione morale, ma con i fatti e non a chiacchiere. Con il contrasto a mafie e corruzione e con facce nuove e con storie credibili alle spalle. Poi il tema dei beni comuni che unisce tutti i comitati e le associazioni, il valore del protagonismo popolare e la centralità della persona: il tema della redistribuzione delle ricchezze per la lotta alle disuguaglianze. Inoltre, superare il modello economico liberista che ha contraddistinto gli ultimi 40 anni della politica nazionale ed europea. Infine, proprio con un’alternativa credibile alle destre si può contrastare l’onda di odio verso i migranti: un progetto non rinchiuso nel tradizionale e angusto centrosinistra, ma sappia parlare all’intero Paese ed essere capace di costruire un’Italia non del rancore ma della ricchezza nella diversità. Questo può permettere di fermare un pericoloso vento di destra che spira in tutta Europa.
(15 febbraio 2018)
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